sabato 9 novembre 2013

Iperealismo spaziale


"È in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo. [...] La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo."


Questa riflessione del poeta portoghese Fernando Pessoa mi ha fatto pensare subito al vero significato di "Gravity", film d'apertura all'ultima Mostra del Cinema di Venezia: il viaggio, inteso come metafora di vita, altro non è che una soggettiva del viaggiatore. Non esiste viaggio, interiore e non, senza un attento viandante. E colui che erra, in se stesso, negli altri, sulla terra o nello spazio, è soggetto a metamorfosi. Parliamo di catarsi e successivamente di rinascita. "Gravity" riesce benissimo a parlare di questo in due ore serratissime di puro cinema.
Il 3D funziona e catapulta lo spettatore, il quale è viaggiatore anch'esso insieme alla protagonista, la dottoressa Riley, in un'unica, grande, infinita scenografia. Lo spazio buio, nero, freddo, infinito e solitario. Il film si apre con un piano sequenza di mezz'ora (se non è maestria questa!). Niente musica, niente effetti sonori. E' come vivere il momento prima della discesa sulle montagne russe, è sentire il vento fra i capelli prima di buttarsi da una scogliera alta venti metri, è l'attimo prima del sesso. E lo spettatore improvvisamente viene rapito, non è più su quelle poltroncine del cinema: fluttua nello spazio, ha paura, è ansioso, è compagno di sventure della protagonista. 
La musica ritorna solo quando Riley si trova dentro la navicella spaziale. Si denuda della tuta spaziale e galleggia quasi fosse in un ventre materno, le luci dell'esterno vanno e vengono ad accarezzarle la nuca. In questo momento avviene la rinascita. L'uomo rinasce guardando il mondo dall'alto. Riley è umana ma esterna al mondo. E' insignificante rispetto all'universo e perfettamente conscia di esserlo.
Il bello del film di Cuaròn è proprio questo: noi vediamo la terra ma non ci viene mai detto cosa sta succedendo su di essa; e quando Riley si salva finalmente può stare in piedi, con fatica ma con orgoglio, come un nuovo essere umano. E anche noi usciamo dal cinema come creature nuove, con gli occhi rifatti. Grazie a Cuaròn.
[Khaleesi]